Verde: Iperico
L’iperico è la mia pianta preferita!

Prima di tutto fiorisce in Giugno! Il mio mese!
Il mese che, per chi odia, come me, il troppo caldo estivo, è l’ideale!
Inizia la bella stagione, e si inizia a raccogliere le piante e i fiori per le tinture, che poi fatte essiccare, si potranno utilizzare anche in autunno e in inverno (daranno però colori diversi).

L’iperico è un pianta officinale usata anche in antichità. Chiamata anche Erba di S. Giovanni perché la sua massima fioritura si ha in prossimità della Festa di S. Giovanni, il 24 di Giugno, ma dipende anche dal clima (in montagna ne ho trovata appena fiorita anche a luglio).

Viene chiamata anche Scacciadiavoli perché in antichità si credeva che aiutasse a scacciare gli spiriti maligni. Non a caso è utilizzata anche per creare, insieme ad altre piante, l’acqua di S. Giovanni. Si immergono le piante “magiche” tra cui l’iperico in acqua, si lasciano tutta la notte tra il 23 e il 24 Giugno, e al mattino ci si lava mani e viso.
In antichità si credeva che questo rito servisse a ricevere l’immunità agli incantesimi.
I fiori sono di un giallo acceso e il fusto di circa 40 cm ha delle piccole foglie verdi che se viste in controluce sembrano bucherellate da qui il nome Hypericum Perforatum.
In realtà non sono buchetti ma piccole vescicole con all’interno un olio contenente una sostanza chiamata Ipericina, che da’ un olio rosso.
Come pure i fiori, se schiacciati o macerati danno un colore rosso rubino.
Dai fiori si può ricavare l’Oleolito di Iperico che è ottimo per alleviare i fastidi delle punture di insetti, la psoriasi, scottature ecc.
Attenzione però che è fotosensibile: essendo un olio, se si sta al sole, amplifica l’effetto dei raggi solari. Quindi attenzione!
Io l’oleolito di iperico lo faccio così:
Fiori di Iperico
Olio di oliva fino a coprire i fiori.
Carta stagnola per coprire il vasetto di vetro.
Lascio al sole, mescolando ogni giorno, per 40 giorni.
Filtro e metto in piccole bottigliette.
Lo uso a gocce ma vi dico, da allergica alle zanzare quale sono che è veramente speciale se usato sulle punture!

Questa pianta viene anche usata in fitoterapia persino come antidepressivo. Utilizzata anche come calmante negli stati d’ansia. Infatti si è visto che aumenta la serotonina e regola la produzione di melatonina, regolando in questo modo i disturbi del sonno.
Aiuta negli sbalzi di umore, insonnia e tristezza. Infatti esistono in commercio e in erboristeria tanti rimedi a base di Iperico.

E poi, dulcis in fundo, lo uso per tingere i filati!
Sì. Con l’iperico ci tingo i miei filati.
Uso sia i fiori che i fusti con le foglie.
Con i fiori ottengo con l’estrazione un liquido rosso sangue che messo nella pentola con l’acqua e il filato non mordenzato da’ un colore dal rosa al rosso, dipende dal colore che voglio ottenere (io però uso solamente il filato mordenzato e il rosa e il rosso li ottengo in altri modi, che vi svelerò al momento opportuno).
Se immergo invece la fibra mordenzata….
magia magia….
si colora di un bel verde acido acceso! Che io adoro!
Se invece le matasse sono immerse nel liquido giallo che si ottiene dall’estrazione del colore dei gambi della pianta, ottengo un colore che va dal giallo paglierino al giallo bruno (io però preferisco estrarre il giallo da altre piante).
Se poi aggiungo un po’ di ferro ottengo un verde oliva scuro o chiaro a seconda della tonalità che voglio ottenere.
In questo caso la lana va sciacquata abbondantemente perché il ferro rovina le fibre e quindi non ne deve rimanere.
Tutte queste istruzioni si possono trovare nei libri di tintura naturale.
In commercio ce ne sono di veramente belli!
Marrone: Noce (La Ghianda di Giove)
Il nome latino del genere noce è Juglans che è la contrazione di Jovis Glans, la Ghianda di Giove.
Questo ci dice quanto era apprezzata dai Romani.
Seme ricco di nutrienti ed importante tanto da essere dedicato al re degli dei: Giove.
Reperti archeologici testimoniamo dell’utilizzo dei frutti di noce già 9.000 anni fa.

Il mallo di Noce è quella parte carnosa verde che avvolge il seme che noi comunemente chiamiamo noce.
Il Mallo non è edibile ma si presta a tanti utilizzi.

Uno di questi, da modenese quale sono, è la preparazione del Nocino!

Questo liquore viene preparato utilizzando le noci acerbe, raccolte tassativamente (così dice la tradizione) la notte del 24 Giugno.
Noi spilambertesi diciamo che le noci da utilizzare per il nocino devono essere state bagnate dalla “guàza ed san Svàn” (dalla rugiada della notte di San Giovanni).
Vengono tagliate poi in quattro parti e messe a macerare al sole per 40 giorni (mescolando ogni giorno) con alcool e zucchero.
Nel mio paese, Spilamberto, esiste anche un ordine del Nocino e tutti gli anni, durante la Fiera di San Giovanni, si tiene il palio del Nocino.
Anche oggi, come in passato, ogni famiglia ha la sua ricetta ed i suoi ingredienti segreti da aggiungere a quelli principali.
Il mallo ha anche proprietà antibatteriche, vermifughe ed astringenti e viene utilizzato, miscelato insieme all’hennè, per donare riflessi rosso bruni ai capelli neri e castani.
Si ritiene che sia anche utile per alleviare i dolori alle articolazioni.
Ma noi oggi, parliamo di un altro utilizzo del mallo di noce.
Quello che nel mese di giugno vediamo verde brillante poco a poco, maturando, diventa marrone grazie ai tannini.
E sono proprio i tannini che ci interessano per la tintura.
Sono loro che tingono di un bel marrone che va dal bruno al beige i tessuti e le fibre anche senza la mordenzatura.
Il colore che si ottiene è molto resistente alla luce e al lavaggio.
Il suo utilizzo è molto semplice.
I pezzetti di mallo vengono lasciati macerare nell’acqua calda per tutta la notte.
Poi la pentola viene messa sul fuoco per estrarre il colore.
Una volta raffreddata, si filtra e si aggiunge acqua.
Si immerge la lana e si mette sul fuoco. Appena immersa la fibra prende subito colore.
Una volta tolta dal fuoco, si lascia raffreddare.
Poi si sciacqua abbondantemente e si strizza la fibra (mi raccomando senza mai torcere).
Quindi si lascia asciugare prima di vedere l’effettivo colore.


È un colore molto bello, un marrone caldo, naturale che a seconda del tempo di immersione da’ sfumature autunnali splendide.
È il colore che mi fa pensare di più al connubio che esiste tra natura e colore, tra la tintura e ciò che la terra ci dona.
Il Rosso (Robbia e Cocciniglia)
Facendo una sintesi possiamo dire che il rosso si ricava dalle piante, da un insetto, dai minerali e certi rossi durante il Rinascimento erano ottenuti addirittura dalla macinatura di conchiglie.
Ma allora come facciamo a tingere i filati e i tessuti?
Ebbene io il rosso lo ottengo da una pianta , la Rubia Tinctorum o Robbia, e dalla cocciniglia.
Robbia

Il nome Rubia deriva dal latino ruber che indica Rosso. Questo ci permette di capire che già al tempo dei romani era ben conosciuta, come anche dai Greci, dagli Egizi e dai Persiani.
Si hanno dei ritrovamenti dell’epoca del Bronzo, e già nel Neolitico si hanno testimonianze di tintura con la Robbia.
E’ una pianta di origine asiatica, la cui radice contiene una sostanza (Alizarina) usata per ottenere un pigmento di colore rosso. Un tempo era coltivata anche in Italia ma ora sta scomparendo.
Per ottenere il colore occorre aspettare che la pianta sia un pochino grandina, circa due/tre anni. Dopodiché si prendono le radici e si sminuzzano.
Per ottenere un bel rosso si deve procedere ad una immersione in acqua calda di qualche ora (io le lascio tutta la notte). Poi metto la pentola sul fuoco per estrarre il colore che mi servirà per il bagno di tintura dopo che si sarà di nuovo raffreddato.
Dopo la prima estrazione nelle radici c’è ancora altro pigmento, non limitiamoci ad una sola estrazione.
Io utilizzo sempre tutto fino a quando la pianta non rilascia più colore.

Il rosso che si ottiene dalla Robbia è un rosso mattone vivace e carico nel primo bagno e via via più chiaro fino alle sfumature più salmonate.



Cocciniglia
Il colore ottenuto dalla cocciniglia è più brillante: un rosso carminio.
E’ ottenuto dalle femmine di questo insetto che producono un liquido denso che usano per proteggersi dai predatori.

Liquori e bevande di colore rosso (tipo Chermes e Bitter o altri aperitivi) erano ottenute con l’aggiunta di cocciniglia. Essendo però molto costosa sono stati creati in laboratorio dei coloranti alimentari sintetici.
Esistono dei veri e propri allevamenti di Cocciniglia, uno tra i più importanti è alle Isole Canarie, Canaturex che ringrazio per avermi permesso di utilizzare le loro foto.


Per ottenere il rosso dalla Cocciniglia la prima cosa da fare è macinarla dopo averla raccolta ed essiccata, fino ad ottenere una polvere più o meno fine, e metterla a bagno in acqua calda in modo che comincino a rilasciare il pigmento.
Una volta raffreddato, si estrae il colore mettendo il liquido sul fuoco per l’estrazione vera e propria.

E’ un colore molto sensibile ai viraggi sia con aceto o soda ad esempio, come pure il solfato ferroso ed altre sostanze, per avere tonalità diverse, persino il mio amato viola.
Consiglio di utilizzare pochissimo prodotto e comunque ecologico per non inquinare con sostanze dannose.



Come si evince allora, vediamo che dire Rosso e basta è molto riduttivo.
Questo colore ha molteplici significati, anche contrastanti.
Basta osservare bene e vedremo che il rosso fa parte della nostra vita forse più di tanti altri colori.
Quello dei colori è un mondo bellissimo. Storia, arte, natura e creatività si uniscono insieme.
Basta solo guardare oltre!
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